Ho letto che | EP.1 - "Who are you?"
Due preti molto diversi e due inchieste molto importanti in una storia che, come spesso accade, ne contiene altre.
Ciao,
io sono Giuseppe Bravo e questo è il primo episodio di “Ho letto che”.
Cercherò due volte al mese di raccontarti una storia poco conosciuta, provando a contestualizzarla.
Spero possa piacerti e tornarti utile, specialmente durante le cene in cui non sai di cosa parlare e, invece di fare facili considerazioni sul meteo, potrai dire “Oh ma sai che ho letto che…”.
Ultimo disclaimer: i due video che troverai durante la narrazione presentano delle immagini abbastanza forti. Sono sicuramente la migliore testimonianza per capire a pieno ciò di cui si parla in questo episodio della newsletter, ma, se non te la sentissi, ho provato a scriverne a grandi linee il contenuto.
Cominciamo.
Vladimir Michajlovič Gundjaev è un arcivescovo ortodosso russo di 76 anni, vive vicino San Pietroburgo in una dimora imperiale da 43 milioni di dollari, è il capo della Chiesa ortodossa russa e Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, con il nome di Cirillo I. È un amico di Putin e nel 2012 ha definito il suo governo “un miracolo di Dio”.
Anche Padre Ioann Burdin fa parte della Chiesa ortodossa russa attivamente: è il rettore della chiesa della Resurrezione di Cristo nel villaggio di Karabanovo, nella regione di Kostroma, sempre in Russia.
Il 4 Marzo 2022, a Mosca, Vladimir Putin firma l’entrata in vigore di un nuovo articolo del Codice degli illeciti amministrativi che prevede pene fino a 15 anni di reclusione e una multa tra 30 mila e 50 mila rubli per chiunque diffonda “false notizie” sull’esercito russo.
Il 6 Marzo è una domenica. Sono passati due giorni dalla firma sul nuovo articolo di legge, due settimane dalla dichiarazione di guerra della Russia nei confronti dell’Ucraina e, come ogni domenica, entrambi i preti tengono il loro sermone di fronte ai fedeli.
Cirillo I nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca afferma:
“Ci troviamo in una guerra che ha assunto un significato metafisico. La parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale, e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale”
A quasi 400 km di distanza, anche Padre Ioann fa una riflessione sulla guerra:
“Noi cristiani non osiamo stare da parte quando il fratello uccide il fratello, cristiano uccide cristiano. Non possiamo coprirci timidamente gli occhi e chiamare il nero bianco, il male buono, e dire che probabilmente Abele aveva torto nel provocare suo fratello maggiore.”
Il sermone viene poi pubblicato dallo stesso Padre Ioann nel sito web della parrocchia.
Poche ore dopo il parroco viene convocato e interrogato per 5 ore dalla polizia, che lo lascia andare a casa, quando lui risponde di non aver commesso nessun reato.
A distanza di qualche giorno l’interrogatorio diventa un processo per violazione del Codice degli illeciti amministrativi, appena approvato. A testimoniare al processo vengono chiamati alcuni fedeli, che, fingendo di non ricordare il discorso di quella domenica, fanno sì che non ci sia nessuna prova d’accusa concreta. Malgrado ciò, Padre Ioann il 10 Marzo viene dichiarato colpevole.
La pena è di circa 35.000 rubli - poco meno di 300 dollari. Non sembra essere molto, ma in realtà è più di un mese del suo stipendio. Viene minacciato inoltre di finire in prigione, se dovesse continuare a divulgare “notizie false”.
Questi due personaggi non sono il centro di questa storia, ma ne definiscono il contesto. Definiscono il prezzo della libertà, della vita e della dignità di ogni cittadino. Definiscono il modo di agire quando nella via che passa davanti casa tua vengono uccisi 36 civili innocenti. Si tratta di Yablunska Street, nella città di Bucha, in Ucraina.
Lì ci abita Viktor Shatylo, un uomo di 60 anni, con i capelli brizzolati e la faccia di chi questa volta non ce la fa a fare finta di niente.
Nei giorni tra il 4 e il 6 Marzo 2022, mentre in Russia vengono firmate le nuove leggi sulla censura e vengono pronunciati i due sermoni, le truppe paramilitari russe occupano la città di Bucha, con l’obiettivo di arrivare nella capitale, Kiev.
Scelgono un’abitazione da far diventare il loro quartier generale, fanno uscire tutti i residenti, separano gli uomini dalle donne e uccidono gli uomini, legandogli le mani dietro la schiena.
Hanno a disposizione anche una lista di uomini ricercati che, secondo l’intelligence russa, possono rappresentare una potenziale minaccia e vanno a cercarli porta a porta, sempre col fine di torturarli ed ucciderli.
Bombardano con i carri armati qualsiasi cosa si muova per le vie, anche un mini van con due ragazze che vogliono lasciare una città sempre più simile all’inferno. Una ragazza sta tornando a casa in bicicletta, ma non si aspetta minimamente di girare l’angolo e trovarsi davanti un blindato che spara esattamente lì dove si trova lei. Nel posto sbagliato, al momento sbagliato, senza alcuna colpa.
Tutto ciò accade nella via dove abita Shatylo, che sale in mansarda, si nasconde e comincia a fotografare ciò che accade di fronte ai suoi occhi. Come lui, anche altri residenti in Yablunska Street fanno la stessa cosa.
Queste testimonianze sono state raccolte da:
Il team Visual Investigation del New York Times nell’ambito di un’inchiesta durata 8 mesi, uscita a Dicembre 2022, vincitrice di un Premio Pulitzer in International Reporting e una candidatura agli Emmy Awards - esatto, proprio loro, ma quelli relativi a News&Doc.
L’agenzia di stampa internazionale Associated Press in collaborazione con Frontline, programma statunitense di documentari investigativi distribuito dal Public Broadcasting Service (PBS) e SITU Research, uno studio di Visual Investigation di New York, che elabora e fa comunicare dati e design.
Sono riusciti a ricreare un modello 3D della città di Bucha, utilizzando le informazioni ricavate dai droni dell’esercito militare ucraino. Questo è valso anche a loro una candidatura agli Emmy Awards nella categoria Outstanding Investigative News Coverage: Long Form.
Shatylo all’interno del video reportage del New York Times afferma:
“Credo di aver fatto la scelta giusta. Ora ci sono le prove visive che questo è stato commesso dai russi.”
Inoltre aggiunge a France24:
“Voglio che figli e nipoti possano vedere cosa stava succedendo, in modo che lo sappiano non dalla televisione, ma nella vita reale.”
Fermiamoci un attimo però sulle dichiarazioni di Shatylo: lui specifica che adesso ci sono delle prove visive.
E questo non è casuale.
Secondo l’articolo 7 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (o Statuto di Roma), infatti, ogni attacco diretto a dei civili è perseguibile come Crimine contro l’umanità e, di conseguenza, può portare ad una condanna da parte della I.C.C. (International Criminal Court) - sarebbe a dire la Corte internazionale penale.
Per poter muovere un’accusa però non è sufficiente dire che l’esercito di un Paese ha commesso dei crimini, c’è bisogno di dimostrarlo. È necessario provare che un determinato reggimento, con degli ufficiali a capo, abbia ucciso volontariamente delle persone che in nessun modo potessero comportare una minaccia in termini militari.
Oltre al materiale fotografico e ai racconti degli abitanti di Yablunska Street, il New York Times e Associated Press hanno potuto disporre anche delle riprese delle telecamere di sorveglianza delle abitazioni - che i paramilitari russi hanno provato a distruggere, molto spesso senza riuscirci - , delle riprese dei droni dell’esercito ucraino, delle intercettazioni sia dei segnali radio tra i vari convogli sia delle chiamate dei soldati verso la Russia con i telefoni delle vittime e, infine, i documenti lasciati dagli stessi paramilitari nelle abitazioni occupate.
Questa numerosa quantità di materiali disponibili alla stampa per un’inchiesta non è affatto scontata: nel 1992 il Time pubblicò come copertina del magazine la foto di Alic Fikret a testimonianza delle atrocità subite dai musulmani bosniac, durante la guerra del 1992-1995.
Perfino le Nazioni Unite, nell’investigazione relativa all’esecuzione di due uomini Tamil da parte dell’esercito dello Sri Lanka, avevano avuto a disposizione un unico video, che, dopo esser stato esaminato da “tre esperti in patologia forense, analisi video forensi e prove di armi da fuoco”, era stato giudicato come autentico.
In questo caso, invece, le molteplici testimonianze hanno permesso di dare un nome e cognome ai 36 corpi trovati senza vita. Inoltre hanno facilitato la ricostruzione delle dinamiche che si sono verificate nell’arco del mese di occupazione e distruzione di Bucha da parte dell’esercito russo.
O meglio - come si capisce nei video - da parte del 234° Reggimento, supervisionato nelle operazioni dal tenente colonnello Artyom Gorodilov e che fa parte della 76° Divisione d'assalto aereo delle guardie, con a capo invece il maggiore generale Sergei Chubarykin. Entrambe hanno base a Pskov, nella parte ovest della Russia.
A fine 2022, circa una settimana dopo la diffusione delle immagini di Bucha, Gorodilov è stato promosso a colonnello dal colonnello generale Andrey Serdyukov.
Un anno dopo
L’incriminazione.
Insomma, se, per dimostrare l’accusa di aggressione da parte dell’esercito russo, c’era bisogno di una prova, quella prova è arrivata a Dicembre 2022.
Perchè allora Vladimir Putin non ne è stato accusato formalmente?
Perchè la Russia nel 2000 ha firmato lo Statuto di Roma, ma, così come l’Ucraina, non ha mai ratificato l’accordo per diventarne membro e di conseguenza non ne riconosce la giurisdizione. Inoltre nel 2016, anche la firma è stata ritirata dai russi.
Da inizio 2023 la I.C.C. (International Criminal Court), la I.C.P.A. (International Centre for the Prosecution of the Crime of Aggression against Ukraine) con il sostegno della Commissione europea stanno cercando delle soluzioni che possano portare all’incriminazione.
Nel frattempo il 17 Marzo 2023, mentre i lavori per l’accusa di aggressione e attacco alle infrastrutture civili ucraine sono ancora in corso, la I.C.C. ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin come “responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell'Ucraina al territorio russo” e di Maria Alekseyevna Lvova-Belova (Commissaria per i diritti dell'infanzia presso l'ufficio del presidente della Federazione Russa).
L’ex presidente russo Dmitry Medvedev su X, al tempo Twitter, ci ha tenuto a commentare che “non c’è bisogno di spiegare DOVE questa carta [dei mandati d’arresto] debba essere usata”, aggiungendo poi l’emoji di un rotolo di carta igienica. 🧻
La reazione di Putin invece è stata la completa negazione di qualsiasi crimine commesso in Ucraina e l’emissione di un mandato d’arresto nei confronti del presidente della I.C.C., Piotr Hofmański, della vicepresidente, Luz del Carmen Ibáñez Carranza e del giudice Bertram Schmitt.
Bucha.
A distanza di un anno, la città di Bucha sta cercando di tornare ad una vita normale. Le riparazioni di infrastrutture e abitazioni sono in corso, ma i primi risultati cominciano ad essere già visibili.
Padre Halavin, prete ortodosso della Chiesa di Sant’Andrea, a Bucha, ha detto:
"Quando guardi [Bucha] ora potresti non notare nemmeno che è successo qualcosa. […] Quindi, molte persone che vengono a Bucha adesso non capiranno di cosa stavano parlando tutti. Il cielo è azzurro, l’erba è verde, gli uccelli cinguettano. Di quali crimini di guerra stai parlando?”
Quello per cui ci vorrà un po’ più di tempo, o che forse non andrà mai via del tutto, è il trauma di aver vissuto in prima persona quelle situazioni.
“È più facile ripristinare le cose materiali. Ancora non comprendiamo lo stato psicologico delle persone. Non solo per i residenti di Bucha, ma per tutti gli ucraini. Perché non c'è una sola famiglia, non una sola persona che sia riuscita ad affrontare tutte queste sfide senza alcun danno psicologico"
Padre Ioann Burdin.
Dopo la multa e le minacce d’incarcerazione, tra i residenti del villaggio di Karabanovo comincia a circolare una petizione per allontanare Padre Ioann dalla parrocchia. Non si sa da chi sia partita, ma all’inizio di Aprile 2022, il parroco si dimette.
Lo stesso Padre Ioann in un’intervista al New York Times dichiara:
“Se non posso parlare liberamente, allora questo non è più un buon ministero sacerdotale. Puoi essere un prete solo quando sei internamente libero.”
Mi ha fatto ripensare a Lucio Dalla, quando, nel 1985, nella canzone “Se io fossi un angelo”, immaginando cosa avrebbe fatto nei panni, appunto, di un angelo, cantò
“E se non mi abbattono, anche coi russi parlerei.”
Padre Ioann ad un certo punto invece dice di sentire di aver tradito un po’ i fedeli e sua moglie (sì, i preti della Chiesa ortodossa russa possono sposarsi) gli risponde
“Se i tuoi parrocchiani non avessero voluto allontanarti, si sarebbero comportati in modo differente”.
Questo, lo afferma anche lo stesso Ioann, non vale solo per i fedeli della Chiesa ortodossa del villaggio di Karabanovo.
Questo si applica a chiunque: qual è la tua posizione rispetto alla guerra?
La vita certe volte ti pone di fronte a delle situazioni in cui devi dimostrare da che parte stai. Puoi decidere se essere Cirillo I o se essere Padre Ioann. Se essere Dmitry Medvedev o Viktor Shatylo.
Insomma:
Alla prossima,
Giuseppe