Ho letto che | EP.18 - Le regole della montagna
Due scalatrici americane si sfidano ad ottomila metri di altezza per un primato storico, fregandosene dei segnali della montagna che stanno scalando.
Ciao,
io sono Giuseppe Bravo e questo è il diciottesimo episodio di “Ho letto che”.
Come al solito, la versione podcast di questo episodio uscirà Lunedì mattina, mentre qui trovi il link all’episodio 17 “Purchè se ne parli”:
Durante la scorsa settimana, come forse sai, c’è stato il G7 in Italia e uno dei termini più usati è stato quello di “sherpa”, un termine che non è proprio della politica, ma che ormai è stato sdoganato per indicare coloro che si occupano per conto del proprio Paese di organizzare i vertici e le riunioni.
Il termine è stato preso dal lessico degli scalatori ed esploratori che solitamente si affidano a degli sherpa nepalesi con il compito di fare il “lavoro sporco” e preparare il terreno.
E quindi quale migliore occasione per parlare di sherpa, di scalate e della montagna, l’unica vera padrona di se stessa.
Cominciamo.
Secondo l’International Mountaineering and Climbing Federation, esistono solo 14 vette indipendenti che superano gli 8000 metri in tutto il mondo. Sopra gli 8000 metri si entra in quella che viene soprannominata “death zone”, la zona della morte, perchè la pressione parziale dell’ossigeno è ridotta e quindi senza maschere e bombole d’ossigeno supplementare la cognizione umana diminuisce e sul lungo termine può avere anche degli effetti letali.
Queste 14 montagne sono situate tra Nepal, Tibet - ossia Cina - e Pakistan: non troppo distanti tra loro.
La quattordicesima montagna è stata aggiunta nel 1964 ed è lo Shishapangma che fa parte della catena montuosa dell’Himalaya e che è l’unica delle 14 vette che si trova interamente in Tibet.
La prima persona a scalare tutte e 14 le montagne e a completare quelli che vengono soprannominati senza troppa fantasia “gli Ottomila” è stato un italiano, si chiama Reinhold Messner e, come se non fosse già abbastanza, le ha scalate tutte e 14 senza ossigeno supplementare.
A completare gli Ottomila senza alcun supplemento respiratorio finora ci sono riusciti in 19, mentre se consideriamo anche chi ha utilizzato le bombole d’ossigeno arriviamo a 52 persone totali.
Messner per completare la sfida ha impiegato 16 anni - ha scalato il monte Lhotse, l’ultimo della sua lista, nel 1986. A distanza di 37 anni, dopo un susseguirsi di scalatori che hanno migliorato il record di Messner, Kristin Harila è riuscita completare gli Ottomila in soli 92 giorni e detiene tutt’ora il record del mondo.
Harila, come chiunque voglia scalare un Ottomila, non era da sola: insieme a lei c’era Tenjen Lama, il suo sherpa.
Anna Gutu ha 31 anni, è nata a Odessa in Ucraina, ma possiede la cittadinanza americana. Ama viaggiare, fare paracadutismo, parapendio e dal suo profilo instagram si può vedere che nel 2022 ha fatto anche un corso di pasticceria a Parigi. Alla fine di quell’anno però comincia ad imbattersi in qualcosa di mai provato prima: l’alpinismo.
Con il passare degli allenamenti scopre che quell’attività le piace e anche il suo profilo Instagram si riempie piano piano di post riguardanti delle escursioni. In un post racconta che la svolta è stata la pandemia, quando il mondo intero si stava fermando e lei ha capito che era il momento di realizzare i propri sogni, tra cui c’era anche quello di scalare il monte Everest; in un altro post invece scrive:
"Mentre i miei respiri per l'ossigeno diventano più grandi, il caos nella mia testa diventa più tranquillo. Mentre la mia attenzione si rivolge a fare un altro passo avanti, si allontana dal rumore nel mio cervello. Scalare mi permette di distruggere la prospettiva di ciò che posso raggiungere, quanto lontano posso arrivare, cosa posso sopportare e sperimentare più di quanto avrei mai potuto ritenere possibile."
A Marzo 2023 decide quindi di provare a completare gli Ottomila, ossia scalare le 14 montagne che superano gli 8000 metri.
Per farlo si affida ad Elite Exped, una compagnia che si occupa di organizzare le scalate delle più alte montagne del mondo e quindi anche di fornire lo sherpa che si prenderà cura di prepare tutto ciò che possa rendere più agevole l’escursione.
Elite Exped è una compagna relativamente nuova nel settore. É stata fondata da Nimsdai Purja, Mingma David e Mingma Tenzi, coloro che nel 2019 hanno stabilito l’allora record del mondo sugli Ottomila impiegando solo 7 mesi per completare l’impresa in quello che fu chiamato “Project Possible” e che Netflix filmò per un documentario uscito poi nel 2021.
Gina Marie Rzucidlo è più grande di Anna Gutu, ha 45 anni, è nata negli Stati Uniti, vive a Manhattan e nel 1992 si è laureata in Scienze della giustizia penale.
Il suo Instagram è molto meno curato di quello di Gutu, ma la passione per la montagna e per le scalate è la stessa e dura da molto più tempo rispetto a quella della trentenne.
A Maggio 2018 infatti Rzucidlo scala l’Everest e nel 2022 arriva in cima al K2, diventando così la prima donna americana ad aver scalato le tre montagne più alte del mondo.
Adesso il suo obiettivo è quello di conquistare la vetta delle rimanenti 11 montagne per completare così gli Ottomila e soprattutto diventare la prima donna americana a farlo.
Lo stesso obiettivo che si è posta Anna Gutu.
Rzucidlo ha cominciato la sfida con la compagnia Imagine Nepal, ma poi è passata a 8K Expeditions con cui ha scalato il Gasherbrums e il Nanga Parbat.
Quando si stava apprestando ad affrontare il Cho Oyu, la penultima montagna, però c’è stato un problema: il Cho Oyu infatti si trova parzialmente in Tibet, quindi per poterlo scalare serve il permesso del governo cinese che però l’ha negato ad alcuni membri dello staff di 8K Expeditions.
Rzucidlo è così costretta a cambiare nuovamente compagnia e sherpa e passa alla Climbalaya che le affida Kami Rita Sherpa.
Stando alle testimonianze degli altri scalatori, il clima tra Rzucidlo e Gutu è di competizione, ma sempre entro i confini della sportività e della lealtà.
Ad Ottobre 2023 le due americane cominciano a scalare il Cho Oyu: Rzucidlo raggiunge la vetta il primo Ottobre e Gutu il giorno seguente.
Qualcosa a questo punto cambia. Manca una sola montagna ad entrambe, la stessa, una sola scalata per entrare nella storia dell’alpinismo americano. La montagna in questione oltretutto è una delle più facili da conquistare, lo Shishapangma, la quattordicesima vetta più alta del mondo.
A differenza delle altre vette, lo Shishapangma ha una pendenza tra i 10 e i 15 gradi fino al Campo3, una cosa non usuale - basti pensare che l’Everest ha una pendenza che va dai 30 ai 60 gradi. Dal Campo 3 fino alla vetta poi c’è la parte difficile con una salita con 45 gradi di pendenza.
Rzucidlo decide che per scalare lo Shishapangma lo sherpa di Climbalaya, Kami Rita, non va bene, è troppo lento e il rischio di farsi raggiungere da Gutu è elevatissimo. La posta in palio è decisamente alta per gettarla al vento ad un passo dalla Storia.
L’americana si affida quindi a Seven Summit Treks e a Tenjen Lama Sherpa che è tornato da appena 3 mesi dall’impresa di aver completato gli Ottomila con la norvegese Kristin Harila, gli stessi che lei vorrebbe conquistare, in 92 giorni e quindi sarebbe opportuno che si riposi.
Ma lo Shishapangma significa soldi e la vita a Kathmandu, la capitale del Nepal, in cui vive con la moglie e i suoi due figli di 14 e 16 anni, è molto cara.
D’altronde quando nasci a Walung, come nel caso di Tenjen Lama, le opzioni sono due: o lavori in una fattoria o fai lo sherpa.
L’accezione di portatore di alta quota, il termine sherpa, la ottenne solo in seguito.
Sherpa infatti - dal tibetano “gente dell’est” - indica un gruppo etnico di più di 500mila persone solo in Nepal, ma ci sono persone di etnia sherpa anche in India, Cina e addirittura negli Stati Uniti, dove la comunità sherpa di New York City conta 16mila persone.
Con il tempo però si sono resi conto che il loro corpo era predisposto non solo alla vita, ma anche alla fatica in zone con un livello di ossigeno abbastanza basso.
Le persone che provengono da località non particolarmente alte rispetto al livello del mare, quando superano i 4mila metri di altitudine, generalmente tendono ad avvertire più facilmente la stanchezza e accusano mal di testa per via dell’assenza di circa il 40% d’ossigeno rispetto al loro habitat.
Per gli sherpa questo non accade, grazie al gene EPAS1 che regola la produzione di emoglobina e rende i corpi dei nepalesi adatti a quel tipo di attività.
Una guida sherpa nepalese guadagna sia in base al tipo di montagna sia in base alla propria esperienza: per una vetta di media altezza il costo è di circa 4.000 dollari, per scalare un Ottomila invece si paga circa 7.500 dollari. Se però la guida è particolarmente esperta, come nel caso di Lama che scalato tutte e 14 le vette e quindi garantisce maggiore sicurezza e velocità, allora il prezzo lievita a 9.700 dollari per montagna.
Starai pensando che non sono bassi come prezzi ed hai ragione, per quanto la quantità di lavoro e di rischio siano incredibilmente alti. Secondo il National Geographic però, se la spedizione è organizzata da una guida straniera allora il prezzo varia tra i 50.000 e i 100.000 dollari.
La differenza è sostanziale.
Insomma, Tenjen Lama Sherpa ha bisogno di quei soldi per far studiare i propri figli e accetta così l’incarico proposto da Gina Marie Rzucidlo, anche perchè lo Shishapangma lui lo conosce benissimo: è stata la prima montagna che ha scalato quando è partito per gli Ottomila con Kristin Harila.
![Kristin Harila e Tenjen "Lama" Sherpa in vetta al K2 (8.611) | MountainBlogMountainBlog | The Outdoor Lifestyle Journal Kristin Harila e Tenjen "Lama" Sherpa in vetta al K2 (8.611) | MountainBlogMountainBlog | The Outdoor Lifestyle Journal](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F9020cb6f-0a50-4f09-bead-f35393246d30_614x518.jpeg)
Adesso il clima tra le due sfidanti non è più sereno come pochi giorni fa, tutti percepiscono la tensione, si dice che Rzucidlo chiami Anna Gutu “the Instagram climber” - la scalatrice di Instagram - per via della sua forte presenza sul social network e così entrambe le scalatrici partono per lo Shishapangma subito.
Rzucidlo arriva facilmente al Campo2, mentre Gutu viene stranamente fermata dalle autorità locali per dei controlli.
C’è chi sospetta che quei controlli siano stati indicati alle autorità dalla stessa Rzucidlo in modo da guadagnare vantaggio.
Ricevuto il via libera, Gutu e i suoi sherpa Migmar e Karma Guyalzen per poter salire più velocemente lasciano al Campo Base tutta l’attrezzatura non necessaria in modo da essere più leggeri, seppur generando parecchia disapprovazione tra i membri del team EliteExped.
Gutu recupera terreno molto velocemente sia perchè ha cominciato ad utilizzare l’ossigeno supplementare già al Campo1 in modo da accusare meno la stanchezza sia perchè Rzucidlo è ferma al Campo2 dove il percorso non è stato ancora battuto e le corde non sono state fissate.
Una volta arrivata al Campo2 però Gutu decide di non proseguire per il normale percorso, perchè è quello più lento - ci vogliono circa 2 ore per arrivare alla vetta, visto che bisogna camminare sulla cresta della montagna - ma è anche quello più sicuro e fatto da tutti coloro che hanno scalato lo Shishapangma.
Decide di tagliare in diagonale sulla parete nord, puntando direttamente alla vetta, mentre Gina Marie Rzucidlo vuole attraversare il pendio da sinistra verso destra per poi salire da un altro punto.
Ad un certo punto tutti gli scalatori degli altri gruppi si rendono conto che Gutu si è fermata e resta ferma per circa un’ora: si è resa conto che stava puntando la vetta sbagliata e adesso è costretta ad accelerare per ritornare sul percorso in tempo.
Rzucidlo invece viene trascinata da Tenjen Lama con una corda, stanchi, ma consapevoli del vantaggio sull’avversaria e proprio mentre arrancano si sente un rumore che significa solo una cosa: valanga.
Solo che quella valanga non è davanti a loro, ma in un’altra parte della montagna, quella in cui si trovano Anna Gutu, Migmar e Karma Guyalzen.
I tre scalatori del team Elite Exped vengono travolti e uccisi dalla valanga.
Diverse fonti affermano che il Campo Base a quel punto abbia detto a Rzucidlo di fermarsi e tornare indietro perchè la situazione non era più sicura, altri dicono che i due non sapevano che quella valanga avesse travolto Anna Gutu.
Ad ogni modo Rzucidlo e Lama proseguono la scalata, anche se tutti gli altri scalatori, compresi i loro compagni, avevano interrotto l’ascesa ed erano tornati indietro.
Tra di loro c’è anche Tracee Metcalfe che però fa il medico nelle spedizioni e ogni tanto quando ne ha voglia prova a scalare le montagne, fin’ora ha raggiunto 9 delle 14 vette, ma dice di non avere alcuna fretta nel completare l’obiettivo, non le interessa.
Rzucidlo e Lama riescono a vedere la vetta dello Shishapangma, sono circa ad 80 metri dalla gloria, Rzucidlo sta per scrivere il suo nome nella storia dell’alpinismo americano, la prima donna americana a completare gli Ottomila, la chiusura di un cerchio fatto di sacrifici e soprattutto la dimostrazione che la scelta di cambiare sherpa prima dello Shishapangma ha pagato.
Per Lama invece quella scalata non ha un valore emotivo, lui quella importante l’ha già fatta, ciò che ha valore sono i soldi e il futuro dei propri figli.
Ma in un momento la neve solida diventa liquida come le loro certezze e si ritrovano nel pieno di un’altra valanga che li travolge e li uccide.
Muoiono così le due scalatrici americane e muoiono i loro sherpa, alle cui famiglie viene riconosciuto un risarcimento assicurativo di 11.250 dollari, cifra che può essere sufficiente a mantenere la moglie e i figli per qualche anno, ma che - dice la moglie di Tenjen Lama al New York Times - probabilmente non è sufficiente a tenere lontani i due figli dallo stesso lavoro del padre.
Il titolo tanto ambito da Rzucidlo e Gutu, quello di donna con più Ottomila scalati, per ironia della sorte oggi appartiene a Tracee Metcalfe, proprio quel medico del team di Rzucidlo che però non ha alcuna voglia di raggiungere il primato.
![disegni su una foto dei pendii superiori dello Shishapangma. disegni su una foto dei pendii superiori dello Shishapangma.](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F959db660-04e9-4b78-96f6-919a4d2b5082_700x624.jpeg)
Nei giorni seguenti alla tragedia la discussione si è concentrata su due elementi controversi, ma collegati tra loro:
Erano prevedibili quelle valanghe?
Perchè dopo aver sentito la prima valanga, anche senza sapere della morte di Gutu e Mingmar, Rzucidlo e Lama non si sono fermati?
Mario Vielmo e Sebastiano Valentini si trovavano al Campo1 e avevano rimandato la scalata proprio perchè era una “situazione di valanghe da manuale”: infatti sulla parete sud della montagna in quei giorni era caduta della neve che il vento aveva portato sulla parete nord, quella scalata dalle due americane e i loro sherpa.
“La mattina del 7 ottobre faceva molto freddo ed era ventoso sui pendii più alti della montagna. Vento, neve fresca e freddo... hanno creato la ricetta per il disastro delle valanghe.”
![Un grafico su un'immagine di Shishapagma. Un grafico su un'immagine di Shishapagma.](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F93a77c51-69ec-4666-ab5e-6f6cedb87670_700x505.jpeg)
Inoltre il 5 Ottobre, due giorni prima, c’era stata già un’altra valanga tra il Campo1 e il Campo2 che aveva travolto due alpinisti, fortunatamente usciti salvi.
Eppure tutto questo non è servito a smorzare la fame di record di entrambe le scalatrici statunitensi che - secondo Vielmo e Sebastiani - invece di lavorare insieme ad aprire la pista, seguendo il classico percorso, hanno deciso di tagliare le pareti della montagna finendo così nei tratti più soggetti a valanghe.
Il compito dello sherpa però in questo caso è capire non solo quale sia la soluzione più veloce, ma anche quella più sicura e quindi è possibile che due sherpa così esperti non abbiano saputo decifrare una situazione che aveva tutte le carte in regola per finire in tragedia?
Sesko Keved, un alpinista che ha raggiunto 8 delle 14 vette degli Ottomila, spiega al sito ExplorersWeb che la leadership è fondamentale in questi casi, ma che spesso accade che un cliente offra dei soldi extra al proprio sherpa per continuare, anche quando le condizioni non lo permettono e sappiamo bene quanto gli sherpa siano sensibili al denaro.
Il risultato è di due valanghe a distanza di mezz’ora l’una dall’altra. Quattro morti in quella che viene definita la montagna più sicura tra le 14 degli Ottomila.
E forse sicura lo è, se si sceglie di seguire il percorso più lento e meno pericoloso. Se si sceglie di rispettare le regole della montagna.
Alla prossima,
Giuseppe