Ho letto che | EP.9 - #theprincessfromtheslum
Il sogno di Maleesha Kharwa e il problema dell'India con la tonalità della pelle dei suoi abitanti.
Ciao, io sono Giuseppe Bravo e questo è l’episodio numero nove di “Ho letto che”, la newsletter che due volte al mese prova a raccontare una storia poco conosciuta per evitarti banali commenti sul meteo quando non sai di che parlare.
Ultimamente raccogliendo un po’ di feedback su questa newsletter (a proposito, se ne avete, mandateli rispondendo a questa mail, grazie!), mi è stato fatto notare che ad oggi è complesso tra le mille cose che catturano la nostra attenzione ogni secondo riuscire a trovare dieci minuti per leggere una newsletter, seppur interessante (o così dicono, vai a sapere).
Così prima di chiudere la chiacchierata solitamente viene buttata lì una frase “Ma non si potrebbe avere in formato audio?”
Quindi facciamo che è possibile che a breve possano esserci delle novità, ma che non so con certezza quando.
In caso ti aggiornerò.
Cominciamo.
Mukesh Kharwa si siede sul letto, chiama sua figlia Maleesha e le dice di prepararsi perchè vuole mostrarle una cosa, ma non può dirle di cosa si tratta: è una sorpresa.
Escono dalla baracca in cui vivono (in inglese la chiamano slum) e si dirigono verso il centro di Bandra, un distretto di Mumbai, la città più grande dell’India.
Suo padre comincia a raccontarle di quando da adolescente vendeva oggetti proprio in quelle vie, fermando le macchine e cercando di racimolare pochi soldi, ma Maleesha quella storia la sa, perché gliel’ha raccontata cento volte, anche se mai con questo sorriso stampato sul volto.
Cerca di capire cosa sta succedendo e perché questa volta tutti la guardano mentre cammina: è una ragazza molto carina, non c’è dubbio, ma non sembra essere per quello.
Non fa in tempo a pensarci troppo che spalanca gli occhi e urla “Papa look!” (“Papà guarda!”): il suo volto si trova sulle vetrine di un punto vendita di una delle più famose aziende indiane di cosmetici, testimonial di una campagna pubblicitaria per una crema per il viso.
E questo non è scontato se in India la tua pelle ha una tonalità scura.
È il Febbraio del 2020, Maleesha Kharwa ha 12 anni e vive a Mumbai in India con i suoi genitori, suo fratello e suo zio in una baracca abusiva costruita sugli scogli in riva al mare con delle canne di bambù e dei vestiti a fare da pareti.
Nel letto matrimoniale dormono suo padre, Mukesh, e suo fratello minore, Sahil, lei invece dorme in una panca su cui è poggiato un materasso. Spesso durante la notte capita di svegliarsi a causa degli insetti o dell’alta marea, con le onde che raggiungono facilmente l’abitazione.
Inoltre nel periodo dei monsoni, ossia i venti presenti soprattutto durante i mesi di Maggio e Ottobre nell’Oceano Indiano e caratterizzati da forti piogge, succede che delle gang criminali vadano armate e con i bulldozer a distruggere le abitazioni come la loro. Il perchè lo facciano non è chiaro (forse razzismo?), quel che è certo è che lo fanno durante i mesi dei monsoni in modo che per le persone che vivono nelle slum sia più difficile ricostruire.
Non vivendo in una condizione agiata, sua madre e suo padre devono arrangiarsi facendo i lavori più disparati: spesso vanno sui set cinematografici e televisivi proponendosi come comparse.
L’ambiente dello spettacolo ha fatto crescere in Maleesha il desiderio o forse l’adolescenziale illusione di diventare una modella.
Ma nello stesso modo in cui la famiglia Kharwa ogni volta che ricostruisce la propria abitazione è convinta che prima o poi quella situazione finirà, anche Maleesha continua a sperare che ci sarà un momento in cui la sua vita cambierà.
Quel momento sembra arrivare quando una mattina Maleesha va a fare il bagno al mare con sua madre e sua cugina e le si avvicina una donna, informandola che un suo amico sta cercando per un lavoro una ragazza che sappia recitare e ballare e proponendole di partecipare ai casting.
Maleesha chiede il permesso ai suoi genitori, che le dicono di sì e porta con sè anche sua cugina.
È il Febbraio del 2020 e Robert Hoffman, attore hollywoodiano, famoso per aver recitato in Step Up 2: La strada per il successo, deve girare un video musicale nelle slum: ha bisogno di comparse che provengano da quel contesto sociale e quando vede arrivare Maleesha gli si illumina il volto e pensa che è assurdo che nessuno avesse notato prima d’ora quella ragazza con i lineamenti delicati. Definisce il suo un “sorriso da un milione di dollari”, eppure quella che viene scritturata per il video musicale è sua cugina: Maleesha è troppo bella per la parte.
È il Febbraio del 2020 e il Covid-19 nell’arco di pochi mesi si diffonde rapidamente in tutto il mondo. Gli spostamenti e i contatti sono ridotti al minimo, Hoffman deve sospendere il video musicale, rimandare la sua partenza per un tour di lezioni di danza che aveva programmato nell’Europa dell’Est e restare per 5 mesi a Mumbai.
Quella che per Maleesha sembrava essere un’occasione sprecata, diventa l’inizio del suo sogno. La dodicenne indiana infatti rivela al regista e ballerino americano che da grande vorrebbe fare la modella e Hoffman non potrebbe essere più d’accordo.
Propone a lei e ai suoi genitori di farle da manager, affinchè possa farle avere un’istruzione, far conoscere lei e la sua storia in tutto il mondo e, non ultimo, portar via da quella terribile condizione la famiglia Kharwa. Li mette anche al corrente che il successo non è garantito e che la popolarità non è sempre rose e fiori, ma va tenuta sotto controllo e centellinata.
La famiglia si prende qualche giorno di tempo per pensarci e parlarne e alla fine decide che va bene, purchè l’educazione di Maleesha venga sempre al primo posto.
Decidono così di aprire delle pagine social e una raccolta fondi attraverso Gofundme, una piattaforma di crowdfunding, in cui viene specificato che tutto il ricavato verrà utilizzato per i seguenti scopi:
Beni di prima necessità
Risparmi per permettersi una sistemazione migliore
Un conto bancario con i risparmi per l’istruzione
Carriera e promozione social media
Le pagine social, sebbene Maleesha possa vederne i contenuti pubblicati, sono supervisionate e gestite da suo padre Mukesh e il manager Robert Hoffman, perchè nel frattempo la madre non vive più con loro e ha espressamente richiesto di non essere coinvolta in questa vicenda.
Stabiliscono inoltre che durante qualsiasi tipo di lavoro lontano da casa, lei debba essere accompagnata e supervisionata da un uomo della sicurezza dedicato.
Hoffman comincia a sponsorizzare il profilo social della dodicenne, a fare appelli di donazioni raccontando la sua storia ed effettivamente le cose vanno come si aspettava: la visibilità di Maleesha comincia a crescere esponenzialmente, quel viso così delicato e la storia così commovente sono il mix perfetto per appassionarsi al punto che i followers su Instagram oggi sono 446.000.
La campagna su GoFundMe ha raggiunto i 21.772 dollari su un obiettivo di 20.000 dollari e questo ha consentito a Maleesha e alla sua famiglia di andar via dalla baracca e trasferirsi in un monolocale che, seppur piccolo, è comunque composto da un tetto e delle mura reali.
Dice Hoffmann a TheBetterIndia:
"Abbiamo iniziato a parlare con le ONG, il consolato degli Stati Uniti a Mumbai, figure di spicco dell'intrattenimento e infiniti consulenti volontari su come creare il movimento di Maleesha e il conto GoFundMe nel modo più delicato, considerando la sua età e lo stato socioeconomico"
Nonostante ciò, per tutti Maleesha Kharwa resta #theprincessfromtheslum e lei per prima è contenta di essere ricordata con questo appellativo, perchè il suo fine, oltre a conquistare una condizione di vita migliore, è quello di sensibilizzare e diffondere la consapevolezza di quella che è la vita nelle baracche in India.
I suoi vlog su Youtube infatti parlano di quanto sia difficile spesso riuscire ad ottenere dell’acqua pulita per lavarsi o cucinare, di quello che succede quando non solo le gang criminali, ma anche la polizia stessa di tanto in tanto vada lì a distruggere le loro abitazioni.
Raccontava la stessa Maleesha nell’articolo di TheBetterIndia parlando di quando viveva nella slum:
“Viviamo in riva all’oceano, ma è molto sporco. Per lavare i piatti scaviamo una buca nella sabbia e vi si riempie l'acqua. Dopo aver pulito i piatti con quest’acqua, usiamo l’acqua del rubinetto che prendiamo da un giardino vicino per sciacquare i piatti”.
Parallelamente molti dei video riguardano le cose più comuni che lei e le sue amiche fanno per la prima volta, come salire su una macchina.
La popolarità le ha permesso di poter chiedere inoltre ad una fotografa indiana molto famosa di scattarle alcune foto, lei ha risposto che lo avrebbe fatto e anche gratis.
Grazie a queste foto è riuscita a collezionare materiale utile per creare un portfolio, che a sua volta ha attirato l’attenzione di importanti magazine di moda come Cosmopolitan e Vogue India, che le hanno dedicato articoli o della BBC che l’ha intervistata e ha pubblicato un video sul suo canale Youtube. In tutto questo materiale di marketing emerge quello che è il leitmotiv di Maleesha: nessun sogno è troppo grande per essere raggiunto.
Se hai la giusta dose di fortuna, ovviamente.
Il momento più bello di questa crescita di popolarità è forse è proprio quando si accorge di essere il volto testimonial di Forest Essentials, la famosa azienda indiana di cosmetici per la cura della pelle, con una campagna pubblicitaria intitolata Yuvati Selection, dove Yuvati rappresenta l’età dell’adolescenza in cui una persona definisce la propria identità e il proprio percorso.
Eppure c’è una cosa che sia Maleesha che Robert tendono a puntualizzare ogni volta che raccontano questa bellissima storia: è la prova che si può diventare modelle anche con una pelle scura.
Ad un primo sguardo può sembrare una frase che parli di razzismo, ma entrando un po’ più nello specifico si capisce che i tratti sono un po’ diversi e che invece si tratta di quello che Alice Walker all’interno del romanzo “Il colore viola” definisce colorism.
Secondo Walker, il colorism è “il trattamento pregiudizievole o preferenziale delle persone di una stessa razza basato esclusivamente sul loro colore».
Se infatti il razzismo si basa una discriminazione tra etnie e colori di pelle differenti, il colorism porta la ghettizzazione ad un livello di diverse tonalità dello stesso colore di pelle.
In India questo fenomeno è largamente diffuso e sembra che affondi le sue radici nel colonialismo britannico, i cui artefici erano caratterizzati da una pelle chiara, e ha fatto sì che per anni si portasse avanti l'ideale che una tonalità chiara di pelle significhi ricchezza e potere.
Un peso specifico e un’influenza non indifferente ai giorni nostri ce l’ha sicuramente anche Bollywood, cioè l’industria cinematografica in lingua hindi, che è uno dei pilastri della cultura popolare indiana che a sua volta ne prende a modello le dinamiche e i personaggi.
Deepa Narayan, scienziata sociale che si occupa di parità di genere in India, ha detto a questo proposito:
“Ogni eroina e ogni eroe sono sbiancati. I cattivi, invece, sono scuri.”
In quello che rappresenta un grave problema per il sistema e la cultura indiana, le aziende di cosmetici ci hanno visto un’opportunità cominciando a produrre creme sbiancanti per la pelle affinchè anche chi avesse una tonalità tendente al marrone potesse apparire più chiaro e sentirsi di conseguenza meno discriminato.
E no, non sto parlando solo del viso.
Il mercato ha risposto in maniera positiva all’introduzione di questi prodotti e nell’arco di pochi anni sono diventati di uso comune, spingendo i clienti a comprarne sempre di più.
È stato dimostrato infatti da diversi studi che all’interno delle creme sbiancanti sono contenuti corticosteroidi, tra cui il betamesone, che in caso di abuso può portare ad acne e pigmentazione, specialmente quando si prova a diminuirne la dose.
Insomma, creano dipendenza, ma non solo: questo genere di cosmetici contiene numerosi agenti tossici e cancerogeni, oltre ad una presenza di mercurio oltre il 40% delle creme che blocca la produzione di melanina.
Come nel caso di Safi George che ha cominciato a notare delle cicatrici sul proprio corpo e quando ha realizzato che erano dovute all’abuso di creme sbiancanti, è stata ricoverata per una settimana, mentendo a tutti coloro che le domandavano cosa fosse successo, perchè la faceva sentire stupida.
L’India di contro sta provando a limitarne la diffusione, vietando pubblicità fuorvianti o consentendo la vendita solo previa prescrizione, ma l’industria non sembra soffrire in alcun modo queste restrizioni.
Nel 2023 si stima che siano stati venduti prodotti sbiancanti per un valore di 19,2 miliardi di dollari con una stima di 37,9 miliardi di dollari entro il 2033.
Addirittura nel 2009, è stato riportato che gli indiani avessero consumato 233 tonnellate di crema sbiancante, arrivando a spendere più soldi in cosmetici che in Coca-Cola.
Al tempo stesso diversi brand, come Forest Essentials appunto, hanno provato a fare campagne pubblicitarie in contrapposizione a quelle più popolari, cercando di svelare gli effetti collaterali di quei prodotti e inserendo quindi Maleesha in una strategia di comunicazione per cui si può essere belle e avere successo anche con una tonalità di pelle più scura.
Anche Unilever, nota multinazionale fortemente presente con i cosmetici sul mercato indiano, ha deciso di cambiare nome alla crema sbiancante Fair&Lovely (Chiara e amabile) in Glow&Lovely (Luminosa e amabile), mentre il sito di incontri indiano Shaadi.com dopo numerose segnalazioni ha deciso di rimuovere dai filtri di ricerca quello relativo alla tonalità della pelle delle persone che l’app ti proponeva.
Maleesha quindi non sta solo cambiando la propria vita sfruttando la grandissima opportunità che le è stata offerta, ma indirettamente sta cercando di cambiare la cultura del suo Paese riguardo non solo la discriminazione, ma anche la cura della pelle, che, citando una canzone degli Ex-Otago, è
“l’unica che hai.
La nostra pelle è un quadro”.
Dessert.
Aleksandr Zhadan viveva talmente male il fatto che a San Valentino fosse single che ha addestrato ChatGPT per chattare con 5000 donne su Tinder.
Spoiler: è riuscito a trovare moglie. Don’t try this at home.
Si avvicina la Notte degli Oscar e se volete fare delle scommesse, sappiate che tendono ad essere premiati i film in cui si tossisce e si starnutisce di più. (via
Se vi state chiedendo quanto abbia fruttato alla NFL attraverso i vari canali di comunicazione la relazione tra Taylor Swift e Travis Kelce, la risposta è
330 milioni di dollari.
Se non ve lo state chiedendo, che peccato.
Grazie per Clotilde per la segnalazione.Chiudiamo con gli spot:
quello della Notte degli Oscar
quelli del Superbowl
Noi ci sentiamo tra due settimane (o forse prima, chissà),
alla prossima,
Giuseppe.